«Preso tutto? Andiamo. La mia macchina è quella nera.»
Con gesto galante la anticipò di qualche passo e le aprì la portiera.
«Oh, wow. Non mi era ancora capitato il servizio completo. Poi nascondi champagne nel porta oggetti?»
«No. E’ il difetto di quest’auto: vano minuscolo e troppe cose da metterci. Dimmi dove devo impostare il navigatore?»
«Viale dei Giardini. E’ nel quartiere ovest. Tu invece dove abiti?»
Click. Accese la radio, sottofondo anni 80’, Whitney. Le note riempirono gli angoli vuoti dell’abitacolo, rallegrando la notte buia che si stava per concludere.
«Via Verdi. Sono dalle parti del Duomo, vicino ad una pasticceria.»
«Scusa, alza ti prego, adoro questa canzone! La ballerei tutto il giorno se potessi! I wanna dance with somebody with somebody who loves meeeeee! Dai canta anche tu!»
«No dai, sono stonatissimo, canta tu, è meglio. O forse no!?»
«Dai, non sono così male. Sotto la doccia canto decisamente da favola. E soprattutto, non mi sente nessuno.»
Il tempo passava velocemente. Il traffico dei nottambuli sfilava sotto le stelle senza ingombri, macchine che sembravano puntini di luci rosse, fari bianchi come spettri sull’asfalto nero di catrame. La notte fredda faceva appannare i vetri della berlina scura, la temperatura scendeva e Marta iniziava a sentire freddo.
«Stai battendo i denti. Accendo il riscaldamento. Penso che cantare non ti abbia scaldato molto.»
«Già già. Grazie. Stasera fa decisamente freddo. Lo sento proprio che si infiltra sotto il cappotto, dritto nelle ossa.»
«Ecco il duomo. Se prendi quella stradina a destra,» e le indicò una viuzza nascosta tra due file di palazzi, «c’è il tendone rosa di una pasticceria, molto carina e fanno di quei bignè… comunque, vai giù di là e poco più avanti, sulla destra c’è il mio stabile.»
«Devi far colazione spesso là. Se fanno dei dolci così buoni, come puoi resistere?»
«Eh eh, devo stare attento alla linea anch’io.» e le sorrise.
Arancione. Poi rosso. Si fermarono al semaforo e le macchine che provenivano dal Corso passarono lente, una jeep, una mini rosso fuoco e per ultima una BMW nera.
Toccò di nuovo alle auto che venivano da Via Ippolito Nievo e la berlina riprese la sua corsa, dolcemente, col motore diesel che partì subito, non appena fu tolto il piede dalla frizione. Il navigatore indicava le strade da percorrere, le vie da imboccare, le rotonde, fino a portarli ad un viale alberato che sfociava in una serie di viuzze con giardinetti e alti condomini.
«Il mio è quello con il portoncino con la tettoia. Bene perfetto. Bè grazie infinite del passaggio.»
«Aspetta scendo anch’io, voglio capire bene in che zona sono finito.»
«Sei in territorio foresto, è questo che intendi dire? Suvvia, un po’ di avventura. Non avremo la tua pasticceria ma anche noi abbiamo i nostri posti. Per esempio oltre l’isolato c’è un bar molto carino dove da piccola andavo sempre a comprarmi le caramelle quando i miei mi dicevano che ero stata brava e meritavo un premio.»
«Ah sì? E tu avevi fatto davvero la brava bambina?»
«Credo di sì. O forse era solo un modo per abituarmi all’idea che avrei avuto una sorella più piccola.»
«Hai una sorella? Ti stavano comprando allora!»
«Probabile, chi lo sa! A dire il vero sapere che avrei avuto una sorella non mi fece paura. Non ho mai pensato che mi avrebbe rubato la mamma o cose di questo genere anzi, non vedevo l’ora di poter giocare con una bambola in carne e ossa.»
«Ti eri stufata dei bambolotti che avevi in camera?»
«Già già.»
Appoggiati alla portiera del passeggero parlarono ancora del com’era avere una sorella così tanto più piccola (le separavano otto anni di differenza, quasi un’eternità, soprattutto durante l’adolescenza), sul com’era invece essere figlio unico e vedere nei propri amici altrettanti fratelli, di come entrambi avrebbero voluto una famiglia numerosa, minimo tre figli per non farli sentire mai soli, con la condizione che fosse però una famiglia felice.
«Credo che una famiglia unita, ma nel vero senso della parola, sia difficile al giorno d’oggi. Pochi che vogliono fare sacrifici per gli altri, c’è una ricerca al soddisfacimento degli interessi personali che distoglie l’attenzione da ciò che è davvero importante. Tutto è diventato una gara a chi appare, vince, è bello, ha soldi, schiocca le dita e ottiene tutto ciò che vuole. Ogni tanto mi succede, soprattutto quando faccio la fila al supermercato, di guardare chi mi sta davanti e, in un momento di distacco e indifferenza, li vedo tutti impegnati a correre dietro a farfalle destinate a non durare più di un giorno. Sono ridicoli coi loro retini bucati che inseguono su e giù per prati sterminati, insetti che possono volare così in alto da non poterli raggiungere nemmeno con un salto. E non si accorgono che stanno sprecando il loro tempo, che tanto il retino ha un buco e quello che riusciranno ad agguantare durerà il tempo di un battito d’ali. Perché non lo riescono a vedere anche loro? Perché invece non si fermano e si siedono tutti in cerchio e provano a conoscersi e a costruire qualcosa di concreto, che abbia un senso? Corrono e corrono. E sfiniti non trovano nemmeno il tempo per guardare chi hanno vicino e imprimersi nella mente quel volto. E poi…» si mordicchiò il labbro, indeciso su cosa dire e su cosa tacere. Stava forse dicendo troppo? Non erano quelli gli argomenti di cui parlare con una…perfetta sconosciuta.
«E poi cosa? Continua pure, non mi dà fastidio anzi.»
Rifletté ancora qualche istante. Cosa poteva capirne lei, poco più che vent’enne? E si decise.
«E poi qualcuno mi spinge e, rimproverandomi, mi fa cenno che la fila è andata avanti e che farei meglio a muovermi se non voglio essere sorpassato a destra. Ecco è tutto.»
«Meriterebbero decisamente una multa per l’affronto. Bene ora vado. Le chiavi son qui. Grazie ancora del passaggio. E della chiacchierata.»
«Figurati.»
L’aria fredda, il buio, le stelle invisibili per colpa delle luci dei lampioni, forse due teste troppo vicine, un saluto maldestro e le loro bocche si avvicinarono ancora. Il tempo parve fermarsi, le lancette dell’orologio avevano smesso di correre furiose. L’unico a scandire il tempo era il cuore di Marta, che batteva in fretta, travolto da quel momento inaspettato e non cercato, quelle sensazioni dentro di lei, sentire le mani di lui che tenevano il suo viso, quelle mani calde sulla pelle fredda delle guance, un corpo vivo nel freddo di una notte di marzo.
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