Ormai era mattina. Un tenue bagliore penetrava dagli avvolgibili della finestra, rivolta ad est. Era ancora estate fuori, anche se la temperatura era più dolce e ogni tanto una leggera brezza sollevava le foglie delle piante.
Nella sua stanza dormiva ancora o quasi, a volte si svegliava all’udire di qualche rumore, poi scivolava nuovamente là, dove si vive una vita senza rendersene conto. In uno di quei viaggi, incontrò una figura maschile, capelli corti e barba, a pelle decisamente da evitare, piuttosto antipatico.
Camminava, camminava, vagava per luoghi a lei noti e si ritrovò sveglia tra quelle coperte, nella stanza che conosceva bene, con le braccia scoperte, la sinistra sotto il capo e la destra sopra il cuscino. Forse le sue palpebre si chiusero di nuovo perché sentì che la mano destra veniva stretta in una presa che non potè fare a meno di ricambiare, poi, sempre ad occhi chiusi, sentì delle labbra che si posavano sulla guancia, una prima volta delicate, quasi trasparenti, poi una seconda più decise, lasciando quel sapore di fresco di una bocca socchiusa. Ormai sveglia, si guardò intorno.
Nessuno.
Eppure la sua mano era stata intrecciata ad altre dita e la sua guancia era stata sfiorata da labbra altrui. Cercò nella memoria, ma non conosceva il volto del sogno. Ma era stato davvero solo un sogno? Una sensazione di malinconia la pervase, come se avesse perso qualcuno, come se le fosse arrivato un biglietto d’auguri da qualcuno che non poteva più spedirli, come se fosse un saluto o una promessa per il futuro.
Per tutta risposta calde lacrime le rigarono il volto, unica certezza che era davvero sveglia.
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