Di una bellezza disarmante è questa natura
che ci circonda e si lascia scrutare
come fossimo belve rinchiuse in gabbie di vetro,
nella spasmodica attesa che qualcuno ci liberi.
Posted in Random, tagged attesa, bellezza, belve, disarmante, gabbie, libertà, natura, random, vetro on marzo 30| Leave a Comment »
Di una bellezza disarmante è questa natura
che ci circonda e si lascia scrutare
come fossimo belve rinchiuse in gabbie di vetro,
nella spasmodica attesa che qualcuno ci liberi.
Posted in Random, tagged campi, natura, nebbia, random, sospesa, spirali, strade, vagare, zucchero filato on gennaio 3| Leave a Comment »
Posted in Spezzone, tagged abeti, appannare, natura, nebbia, occhi, pini, sempreverde, spezzone, zucchero filato on ottobre 10| 2 Comments »
Saliva dolce come zucchero filato, come se ad essere appannati fossero gli occhi.
Velava i pini e gli abeti davanti a me, fino a scolorirli del loro sgargiante sempreverde.
Posted in Spezzone, tagged angoscia, cielo, disperazione, eco, frasi, idee, natura, parole, piangere, pioggia, sangue, scrivere, spezzone 4, temporale, tuoni, voce on luglio 1| 4 Comments »
Stava in piedi, ritta sulle gambe molli per l’angoscia, lo sguardo puntato sulle scarpe impolverate, mentre le braccia ciondolavano inerti lungo il tronco. I capelli erano sciolti e umidi contro le tempie; essi cadevano coprendole parzialmente il volto reclinato in avanti; forse la proteggevano da sguardi indiscreti.
Il cielo era grigio, cosparso da nuvole dai bordi frastagliati. L’aria era umida, pregna del disagio che inzuppa i vestiti fino a farti sentire scomodo e nudo sotto gli sguardi indagatori degli estranei di cui, a rigor di logica, non dovrebbe importarti nulla o quasi. Respirare era impossibile, i polmoni non si riempivamo appieno di ossigeno, tanto l’aria era mescolata ai tormenti dell’umanità.
Un tuono squarciò il velo di silenzio. Poi l’eco gli fece seguito, attenuandosi fino a spegnersi. Prima una goccia scalfì il suolo, sollevando la polvere circostante. Poi un’altra goccia più grossa le fece compagnia.Avvertì un altro tuono, preceduto da un bagliore nel cielo di cui, da dietro i capelli scuri appiccicati alla fronte, vide solo il chiarore provocato attorno a lei, come se avessero acceso un faro per illuminarla e poi, l’avessero subito spento.
Fu allora che le gambe cedettero; si piegarono su se stesse e lei perse l’equilibrio. Finì per sbattere le ginocchia sulla terra, cozzando contro qualche sasso. Dalle ferite uscì un rivolo di sangue che presto si mescolò al terriccio, diventando fango rossastro. Un altro tuono, stavolta più vicino, la assordò. In fretta si tappò le orecchie per proteggerle dai brontolii che sarebbero arrivati di lì a poco.
Fu come un incubo, in cui gridi ma finalmente ti svegli. Ma non accadde, non si svegliò. Però urlò, questo sì, e mentre la sua voce si mescolava, come una preghiera disperata, alla voce possente e minacciosa della natura, il cielo iniziò a piangere per lei.