La vastità era davanti ai suoi occhi castani: il mare era limpido, una distesa d’acqua cristallina, increspata solo da qualche lieve onda sorta in luoghi lontani. Il volo dei gabbiani trapuntava il cielo di strane figure bianche, sottili, lontane dal suolo. Si spostavano in gruppo, ordinati, ciascuno al suo posto, bianchi soldati aerei.
Nell’aria si spargeva un profumo di verde, di gemme, di germogli, di nuova vita.
Al limitare del mare si apriva il bosco, con i suoi alberi, i suoi pini e le sue radure. Il popolo di scoiattoli, tassi, lepri, cinghiali si risvegliava al suono degli uccellini appollaiati sui rami e del rivo argentato che scorreva giocoso nel suo alveo secolare.
Più in là sorgeva una casa rurale, con stalla e steccato bianco; sotto il portico stavano un dondolo verniciato anch’esso di bianco e una sedia a dondolo sgangherata. All’interno la luce del sole filtrava pallida e timorosa tra le pesanti tende verdi. Nelle stanze semi oscure si levavano parole soffocate, bisbigli e qualche rumore sbadato. Il silenzio dominava su tutto; esso si ergeva come un sovrano onorato e rispettato; copriva le cose, chiudeva le bocche, si posava sulle teste chine.
Era così ormai da una settimana. A Brandsford non si viveva più come una volta, forse perchè a Brandsford, nella vecchia tenuta che era stata ardentemente voluta da John Brandsofr, diventato sire dopo aver combattuto per la Corona, si stava morendo. Dopo generazioni, il casato aveva perso prestigio, la dimora era ridotta ad un cottage.