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Posts Tagged ‘respiro’

La discriminazione inizia con poco, atteggiamenti che puoi sopportare; poi progredisce, sottile come una lama.

E’ subdola, come un foulard ti si annoda intorno al collo, ti accarezza e poi ti stringe fino a toglierti l’ultimo respiro, fino a farti soffocare.

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Manca il respiro.

Il cuore accelera come in una corsa contro il tempo. Richiama ossigeno che si rifiuta di arrivare.

Sono in trappola.

Le mie mani afferrano le fredde sbarre di ferro della mia mente. Non so come fuggire. Non c’è via d’uscita. Non c’è spiraglio.

Manca l’aria. Le pareti si chiudono sopra di me e mi costringono a prostrarmi al suolo, le mani inutilmente protese davanti al volto, in un ultimo atto di difesa. Inutile. Goffa. Ridicola.

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Non è una fitta che toglie il respiro;

è più simile a tante piccole ferite

che non smettono di sanguinare e pulsare.

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Questo sospirare assorto, questo luccichio nei tuoi occhi castani, inducono a pensare ad un amore lontano che vedi col cuore e assapori con la mente.

Ad un ascolto più attento quel lento respiro è la mesta fine di un sussultare per pianto e quelle perle incastonate nel tuo volto brillano di mille scaglie di sale che tentano di scacciare il dolore.

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-Sei senza cuore!

Quasi per istinto, si portò una mano al petto, accompagnandola da un sussulto, quel tipo di sussulto che si fa quando, convinti di avere il portafoglio, si apre il borsello/la borsa con calma e vi si guarda dentro e, quando, alla prima occhiata il lestofante non salta sull’attenti, si comincia a spostare, con la dovuta tranquillità, la custodia degli occhiali, il pacchetto di sigarette, i fazzoletti, le chiavi di casa e, nulla trovando, la ricerca si fa spasmodica, non si guarda il contenuto ma si procede a mano intera all’interno del borsello/della borsa come se si stesse cercando il numero fortunato della lotteria; si procede al tatto, che la vista a volte inganna, ma si trovano soltanto la custodia degli occhiali, il pacchetto di sigarette, i fazzoletti, le chiavi di casa; come ultimo tentativo, con il timore quasi definitivo di non avercelo, il portafoglio.

Ebbene portò la mano al petto, trattenendo un po’ il respiro per oscurare tutti i sensi e lasciar spazio all’udito, unico capace di percepire il battito, segno che il cuore era al suo legittimo posto. Già, il suo cuore dov’era finito? Aveva finito per nasconderlo, per chiuderlo a chiave in un vecchio baule, che aveva poi trasportato con fatica e imprecazioni in un angolo della cantina, coperto da un vecchio lenzuolo, onde evitare di farci cadere la vista ogni qualvolta avesse messo piede in quella stanza umida.

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C’è un buco

tra lo stomaco e i polmoni

che aspira

tutta l’aria.

C’è un veleno nero

che soffoca i battiti del cuore

e singhiozza il respiro.

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