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Posts Tagged ‘sangue’

Le tue vesti strappate, la pelle esposta, fragile sotto le sferzate, si lacera e da essa stillano gocce rosse come rubini. Non abbassa mai lo sguardo, Fiera guarda negli occhi il suo nemico per imprimere nella propria mente il volto di colui che sarà sconfitto.

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Aspettando di essere di nuovo avvolta da musica e luci colorate,

con i pensieri altrove e il ritmo nel sangue.

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Non è una fitta che toglie il respiro;

è più simile a tante piccole ferite

che non smettono di sanguinare e pulsare.

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L’amore è sempre un credito,

che non verrà saldato.

cit. “Bianca come il latte, rossa come il sangue” – D’Avenia

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Prenderai la mia mano tesa, di sangue intinta,
e la stringerai al tuo volto smarrito?
La perdonerai per ciò che ha fatto
e comprenderai il bisogno di silenzio perpetuo
che l’ha costretta ad agire?

Se ti giurassi che ho cercato un angelo lungo la strada,
il buon samaritano che cede le sue vesti strappate a chi è nudo,
che ho così incrociato gli sguardi dei passanti
per chiedere aiuto con occhi così appannati da ricordare la pioggia che batte fredda su finestre avvolte da tepore sopito,
ma essi,atterriti alla visione del mio volto trasfigurato,
sono fuggiti con le vesti tra le gambe
come quando la morte bussa alla porta
e non hai ancora finito di preparare la valigia e di salutare tutti,
mi accoglieresti tra le tue braccia?

La pietà non era della Terra la più diffusa delle qualità
e altro non mi è rimasto se non lasciarmi tutto quel peso alle spalle.
Farlo cadere è stato semplice, talmente liberatorio che avrei dovuto trovare il coraggio tempo addietro.
Soprattutto perché vederti accorrere alla mia volta
mi riempie il cuore di quella gioia che ti sei portata via intraprendendo il tuo viaggio.

Troverai, tu così devota, una breccia nella Grazia eterna per farmi aprire i dorati cancelli ?
So che farai del tuo meglio e molto di più.
Intanto stringi la mano insanguinata e prometti che non la lascerai più.

 

]old

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Haiku #5

Rose sfiorite

dalle spine del gambo

sangue gocciola.

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Stava in piedi, ritta sulle gambe molli per l’angoscia, lo sguardo puntato sulle scarpe impolverate, mentre le braccia ciondolavano inerti lungo il tronco. I capelli erano sciolti e umidi contro le tempie; essi cadevano coprendole parzialmente il volto reclinato in avanti; forse la proteggevano da sguardi indiscreti.

Il cielo era grigio, cosparso da nuvole dai bordi frastagliati. L’aria era umida, pregna del disagio che inzuppa i vestiti fino a farti sentire scomodo e nudo sotto gli sguardi indagatori degli estranei di cui, a rigor di logica, non dovrebbe importarti nulla o quasi. Respirare era impossibile, i polmoni non si riempivamo appieno di ossigeno, tanto l’aria era mescolata ai tormenti dell’umanità.

Un tuono squarciò il velo di silenzio. Poi l’eco gli fece seguito, attenuandosi fino a spegnersi. Prima una goccia scalfì il suolo, sollevando la polvere circostante. Poi un’altra goccia più grossa le fece compagnia.Avvertì un altro tuono, preceduto da un bagliore nel cielo di cui, da dietro i capelli scuri appiccicati alla fronte, vide solo il chiarore provocato  attorno a lei, come se avessero acceso un faro per illuminarla e poi, l’avessero subito spento.
Fu allora che le gambe cedettero; si piegarono su se stesse e lei perse l’equilibrio. Finì per sbattere le ginocchia sulla terra, cozzando contro qualche sasso. Dalle ferite uscì un rivolo di sangue che presto si mescolò al terriccio, diventando fango rossastro. Un altro tuono, stavolta più vicino, la assordò. In fretta si tappò le orecchie per proteggerle dai brontolii che sarebbero arrivati di lì a poco.

Fu come un incubo, in cui gridi ma finalmente ti svegli. Ma non accadde, non si svegliò. Però urlò, questo sì, e mentre la sua voce si mescolava, come una preghiera disperata, alla voce possente e minacciosa della natura, il cielo iniziò a piangere per lei.

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