I fiori sul davanzale erano ormai appassiti; le loro teste, chine oltre il bordo del vaso, avevano perso i petali e, con essi, ogni forma di dignità.
Nessuno badava a loro, nessuno si era curato di cambiar l’acqua o, alla fine della loro breve vita, di ridarli a madre natura.
La polvere si era adagiata sul mobilio come una sovrana, le tende, ormai lì da anni, davano un tenue riparo dai raggi del sole. Solo uno spiraglio entrava e tagliava col suo fascio di luce la stanza di due metà, come un cuore spezzato che smette di battere; strappata sul pavimento stava l’ultima sua lettera, quella dell’addio.
Anche l’orologio, sopra la mensola, aveva immortalato quel tragico momento, fermandosi, quasi gli fosse mancato il fiato per continuare a scandire le ore.